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Il fallimento dell'Unifil
Data: Giovedì, 14 dicembre 2006
Argomento: Politica estera
di Gianni Baget Bozzo - 14 dicembre 2006
La spedizione delle Nazioni Unite in Libano ha segnato la nuova politica
estera italiana. Il governo Berlusconi aveva condotto l'Italia nella
coalizione dei volontari che era intervenuta in Iraq ed aveva accettato la
legittimità dell'intervento voluto dal presidente Bush.
La missione in Iraq è stata definita «di pace» perché, per l'articolo 11
della Costituzione, l'Italia rinuncia alla guerra: come se le guerre fossero
semplicemente un atto unilaterale e fosse possibile a un solo Paese uscire
dalla storia, che è storia di conflitti. Il vero scopo della decisione del
governo Berlusconi era, mediante l'accettazione di un intervento centrato
sulle potenze anglosassoni, quello di ribadire la fedeltà morale
all'alleanza che era quella storica della democrazia italiana. Negli anni di
governo della CdL c'è stata una forte rinascita del sentimento nazionale, e
Carlo Azelio Ciampi, per quanto politicamente legato alla sinistra, era un
uomo di cultura risorgimentale: per questo il tricolore svettò alto in tutte
le province italiane in cui il presidente della Repubblica volle fare una
visita di Stato. Il tempo che viviamo oggi sembra molto diverso: lo si è
visto nella mancata commemorazione ufficiale dei soldati di Nassiriya,
caduti nella guerra irachena proprio in quanto parte della coalizione dei
volontari. La commemorazione ufficiale è stata sostituita da gesti
riparatori, come la consegna solenne delle bandiere al presidente del
Consiglio.
I giorni di Nassiriya sembrano ora lontani perché siamo entrati in un altro
periodo, in cui l'unica parola che può giustificare una presenza militare è
diventata la parola «pace». Ma altra cosa dalle parole è la realtà: quello
che accade mostra che l'azione italiana per la presenza dell'Onu in Libano
ha tutt'altro che risolto il problema libanese. La missione dell'Onu era
giustificata dall'impegno a disarmare le forze Hezbollah. Quello che è
avvenuto è, di fatto, il contrario. Un milione e mezzo di libanesi convocati
da Nasrallah assediano da dieci giorni il palazzo del governo per fare
cadere l'esecutivo che ha approvato la presenza della missione Onu. I
dimostranti considerano il governo Siniora servo di Israele e degli Stati
Uniti proprio per il fatto che esso ha firmato un accordo con Israele
accettando lo schieramento delle forze delle Nazioni Unite entro i confini
del Libano. Se il governo Siniora cadesse per la defezione di qualche suo
membro, Hezbollah otterrebbe di diventare la chiave del governo. E così un
governo del Partito di Dio dovrebbe verificare il disarmo del Partito di
Dio. Ma questo determinerebbe anche la crisi della composizione
multi-religiosa del mosaico libanese, a danno sicuramente dei cristiani, che
non sono più la maggioranza del Paese. E' paradossale che sia stato il
generale cristiano Michel Aoun a giustificare l'azione di massa contro il
governo con gli eventi ucraini della rivoluzione arancione, presentando cioè
il governo delle altre comunità libanesi (cristiana, drusa e sunnita) come
un governo autoritario.
Ma così la missione Onu rimane non giustificata. Resta il classico
interrogativo: chi custodirà i custodi, se quelli che devono essere
controllati sono quelli stessi che controllano? La comunità internazionale
ha imposto la missione Unifil in Libano su iniziativa italiana ed ora essa
non ha più contenuto. L'indebolimento di Israele esclude per ora una
risposta a questi eventi. Ma risulta chiaro che l'operazione delle Nazioni
Unite ha condotto a una vittoria di Hezbollah sul piano politico nonostante
la sua sconfitta sul piano militare. La spedizione dell'Onu non ha giovato
alla pace, ha giovato alla parte che ha scatenato il conflitto - Hezbollah -
con il rapimento dei soldati israeliani.
Gianni Baget Bozzo
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